FERDINANDO MANZO
Author - Artistic Director - Filmmaker - Songwriter
Strada di notte per la vita
È Notte. Bé, un po' notte per me lo è sempre stato. Anche a mezzogiorno. D'estate. Quando il sole sferzava gli scogli della barriera frangiflutti che riparava la spiaggia dalle rivendicazioni rabbiose di un mare brutalizzato dalla mano incurante dell'uomo.
Anche allora. Anche ora.
La notte è un manto e non avvolge solo il cielo, la terra, gli alberi o i morti pronti per la sepoltura.
La notte avvolge le anime.
E la mia non ha mai fatto nulla per gettare via il suo sudario oscuro.
Bevo. Bé, un po' ho sempre bevuto. Anche quando avevo compagnia. Amici. Quando si andava in giro a zonzo, si rideva, si scherzava o si dava del serio ad una accozzaglia di illusioni franose come costoni sabbiosi sotto una pioggia torrenziale.
Anche allora. Anche ora.
La bottiglia non è un recipiente che contiene solo alcol, acqua, succhi di frutta o urina per le analisi.
La bottiglia contiene le anime.
E la mia non ha mai fatto nulla per trovare l'uscita dal suo labirinto di specchi.
Sono in strada. Bé un po' in strada lo sono sempre stato. Anche quando avevo una casa. Una famiglia. Quando c'erano le feste, i cenoni e si cantava, sotto un tetto vestito d'occasione, illuminato da sorrisi dubbi.
Anche allora. Anche ora.
La strada non corre solo per le auto, per le merci che viaggiano da un capo all'altro del paese o per gli animali che vanno al macello.
La strada corre per le anime.
E la mia non ha mai fatto nulla per odiare la solitudine dell'asfalto.
L’ha amata di un amore egoistico e ossessivo. Possessivo. Fino al limite. Fino a trasformarla in estate, amici, casa, famiglia.
Vita.
La voce dell'Universo
Le lacrime rosse,
le lacrime vere,
caddero sulla lapide
del sognatore
che credette
di vedere le stelle
nelle laterne sul lago
fra reti e pescato
fra notte e follia
in un sogno velato
celato, lontano
come le onde
ascoltate nello spazio
in apparenza senza senso
ma voce dell’universo.
Nessy
In un vizio latente trascinato
vita dopo vita
trovò Nessy in un lago di pensieri
rinchiusa nel luna-park dei pazzi,
legati come cani
al guinzaglio di diseredati.
Guardava la rugiada vellutata
inondare le catacombe
dei venditori di profumi
mentre stormi di uccelli
volteggiavano nel cielo
macchiato di sangue.
La luce flebile dei pianeti si disperse
nel chiarore delle stelle.
Fulmini le colpirono
caddero, bruciarono,
come una pioggia di fiaccole roventi
divorarono la terra.
Il vento spazzò via la rugiada
ululando come un lupo affamato.
Il cielo si zittì.
Arrivò la notte.
Nessy svanì.
E fu notte.
Gli occhi di Venere
Dipingevo sogni su una tela di birra
guardando il volto di Venere alla parete digitale.
Scrutando
il mare nell'universo dei suoi occhi
ho udito le onde carezzare l'arena
ho sentito il sale pizzicare la pelle
ho visto la luna spennellare d’argento il blu profondo.
Accecato
mi sono perso,
poi annegato,
infine svegliato.
E tu, Venere, tu eri lì
difronte a me
reale come
il mare nell'universo dei tuoi occhi.
Aspettando la pioggia
Ovunque. Riconoscerei la nuvola d'orata che portò
la pioggia nel prato coperto da steli e capelli,
cullati da una brezza salata.
Arrivò inattesa, come un temporale tropicale.
Piovvero gocce lucenti,
come raggi di sole sulla cresta delle onde.
Una tempesta di diamanti immaginari
che riempirono le notti dell'etere di rose e silenzi.
Passioni e paure.
Sotto una tovaglia bianca d'orizzonte,
cerco la nuvola d'oro.
Aspetto la pioggia.
In un vuoto di memoria
In un vuoto di memoria
ho trovato me stesso
guardando in uno specchio sconosciuto:
un volto dimenticato
un nome mai imparato
una cicatrice non notata
un dolore non provato
uno schiaffo non sferrato
la pistola che non ho comprato.
In un vuoto di memoria
ho trovato me stesso
accostando con un gesto involontario:
il bicchiere alla bottiglia
le labbra ad un amore
il sospiro alla passione
il sonno al torpore
il sorriso al dolore
la pistola al cuore.
In un vuoto di memoria
ho trovato me stesso.
Ho sparato.
Fantasmi e pistole
Spara!
Ai fantasmi affamati
che vivono nel limbo
del Samsara
in un circo temporale.
Spara!
Fra quei morti che camminano
e quelli che non respirano
ossessionati da quanto non trovato
quando le mani luccicavano di ori e amori.
Spara!
A quei fantasmi che t'amavano
trasformando il sangue in assenzio
versando lacrime d’incenso,
bruciando fiamme di non senso.
Spara!
Ai fantasmi che non t'hanno aspettato
quando le luci ti coprivano di buio
e seminavano dolore
parlandoti d’amore.
Spara!
Ai loro visi che ora offrono sorrisi
a padroni travestiti
da regine della notte
accettando banconote di parole.
Spara!
Ai fantasmi:
a lei, a te, a me.
Spara... Spara...
Hyde Park
Camminavo nel parco
ascoltando le storie del vento
che cantava fra alberi indifferenti
guardando lo zampillo della fontana
sputare contro passanti e turisti.
Ho visto un maestro d'orchestra dirigere clacson nervosi
in un incrocio del centro mentre nuvole di fumo avvolgevano la strada.
Ho visto il cavallo bianco saltare sulla scacchiera,
mangiare la sua regina e volare via abbracciato all’alfiere nemico.
Ho visto il Minotauro correre verso il campanile
di Saint Mary e ferirsi tirando testate ai cancelli di ferro
della chiesa.
Ho visto un alcolizzato scolare la bottiglia e alzarsi
per porgere un fiore alla donna ferita che trascinava
sui tacchi la sua disperazione.
Ho visto le lacrime argentate di un bruco, costretto
fra la tela e il buio, dimenarsi disperato per non diventare farfalla.
Ho visto...
No.
Mi sono voltato,
ti ho cercata, tu non c'eri.
Me ne sono andato.
Nuotando nell'abisso
Ha detto ciao
ha fatto il passo
lo so, l'ho visto,
l'ho incontrato,
mi ha parlato
ero solo
camminavo nelle strade di madonne carcerate,
supplicanti
attraverso le vetrine di negozi
chiusi per la sera
illuminati con ceri,
come i cimiteri dimenticati
dove c'è più birra che preghiera
dove gli spettri volteggiano
come ubriachi su una nave
in un mare in tempesta
con la testa alla barista sorridente
che versa desiderio,
distilla gelosia,
svuota la bottiglia.
Lì fra infusi di rugiada
cadono petali dilaniati
da lacrime taglienti,
da parole sofferenti
tenebrose
come il mare nella notte
dove la mente soffre.
Lì è andato,
ha nuotato,
e dall'abisso è tornato.
Supernova
Una luce danza nello spazio:
i tuoi occhi,
il tuo viso
nel sangue
di una stella
lontana come un sole.
Un'ombra nella bandiera:
sventola solitaria
sul vulcano lunare
che brucia isolato
sotto nuvole di fumo.
Niente pioggia.
Io, tu, i fantasmi,
anime perse di pirati,
fiamme guizzanti
il ghiaccio congela lo spazio,
una cometa sputa su un pianeta
fuoco nel lago nero
Guarda, guarda, guarda
È buio
Corri, corri, corri
È caldo
Urla, urla,urla
È esploso
È un sogno
come una vita
sulla strada dei pazzi
in un campo di matti
fissando incantati
l'ultima Supernova.
La solitudine del bicchiere
Sul tavolo di marmo
quando l'ultima goccia evaporò,
il bicchiere restò solo
finto
arido
freddo
opaco.
Nell'ombra
di desideri incapaci di volare,
di pensieri ipotetici morti di parto,
sprofondati nell'ambra,
rinchiusi nella bottiglia
rimasta a metà
sul bancone del bar.
Il silenzio del vento
In silenzio,
il vento soffia
fra la folla.
Ancora
fra una cupola di rumori
in un vuoto riempito di voci
che si mischiano in toni
in lingue
in risate sguaiate
in lacrime sopite
in birra e alcol
in riflessi di felicità spontanea
come una bottiglia appena aperta
in ricordi lontani,
come una bottiglia mai finita
in parole conosciute
come una bottiglia già bevuta
in dolore profondo
come un bicchiere che si riempie.
In silenzio,
il vento soffia
fra la folla.
Sempre.
L'ultima rosa
Una rosa cadde nel bicchiere
galleggiò mischiandosi col ghiaccio
serfò cavalcando il rum
si adagiò confondendosi nei miei pensieri.
E la tua forma apparì come un disegno
astratto
come il volo di un uccello
inconsistente
come un messaggio nel cielo
fumoso.
Poi il rum svanì
come la rosa
che non ti ho mai regalato
ma ho sempre portato
come un anello.
Una rosa cadde nel bicchiere
macerò nel ghiaccio
appassì nel rum
affogò nelle illusioni.
Riflessi nella notte
Poi una sera ti incontrai
nel riflesso delle case,
sfrecciavano veloci
colorando il finestrino del bus.
Vidi il tuo sorriso
nella caligine dei fari,
lucenti
nelle lacrime di pioggia
sul vetro velato di smog.
Sfiorai le tue labbra
nell'umidità dell'aria
salata
che appannava lo sguardo
mentre il freddo copriva il silenzio.
Sentii il tuo ansimo di piacere
nello scricchiolio dei sedili
sollecitato
da frenate irresponsabili
di un autista distratto.
Assaporai il tuo profumo
in un mare di odori e sudori
vellutato
nella tua pelle macchiata di voglie
come i seggiolini imperfetti.
Ti assaporai,
ti sentii,
ti sfiorai,
ti vidi...
andar via.
​
Con un tocco distratto
svanisti alla fermata,
indifferente,
come le luci
della città di primo mattino.
Lanterne rosse
Lanterne rosse danzano nel silenzio.
Soffia il vento
si posa la tramontana,
un gabbiano s'alza in volo,
un’immagine opalescente, la tua.
Un sorriso, poi uno sguardo.
Il desiderio.
Ancora il silenzio.
Il vento,
una tempesta di sabbia.
Il gabbiano scompare
fra nuvole rade.
La mia anima è lì
fra i granelli.
Sabbia nella sabbia
impalpabile.
Lanterne rosse danzano
nel silenzio.
Soffia il vento
si dissolve l’illusione.
Eclissi
​
Era notte e c'erano le nuvole.
Lui aspettò. In silenzio, aspettò.
Timide le stelle aprirono il manto oscuro.
Lui camminò. Lento, camminò.
Arrivò la luna, luminosa fra le palpebre della notte.
Lui corse. Veloce, corse.
Piombò l'eclissi. Il buio.
Lui cadde. Improvvisamente, cadde.
La notte passò e il sole si rialzò.
Lui era morto. Nell'eclissi, era morto.
Ricordo di un gabbiano
Ti ho amato,
così intensamente
da crederti,
così profondamente
da vederti,
così pazzamente
da sentirti,
così stupidamente
da seguirti
nel battito d'ali di un gabbiano
nel suo stridulo stonato
nel suo planare fuorilegge
incurante della gente
del mare in tempesta
del sole
a cui hai chiuso la finestra.
Il cielo su di noi
Guarda il cielo stanotte,
che note!
Guarda le stelle,
brillano serene
splendono su di noi.
Ridono di me
ridono di te
ridono di noi.
Lo so, Lo sai.
In questa notte che prende,
che unisce
e poi svanisce
vorrei chiederti
perché il mio tempo
è volato via nel vento
Tu non risponderesti
e forse non lo sapresti.
Lo so, lo sai.
Ti aspetterò,
tu non verrai
mi cancellerai,
ma ricorderai.
Forse riderai,
di me
di te
di noi.
Lo so, lo sai.
Guarda il cielo stanotte,
che notte!
Io lo accarezzerò,
lo bacerò.
Tu muta guarderai,
mi vorrai,
poi rinuncerai
e te ne andrai.
Lo so, lo sai.
Eppure io ti cercherò
ancora
perché il tuo sguardo
è di stelle un manto
e brucia nel mio cuore
che non vede più il sole
e lento muore —
il tuo bagliore
è la fiamma del suo dolore.