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Strada di notte per la vita

 

È Notte. Bé, un po' notte per me lo è sempre stato. Anche a mezzogiorno. D'estate. Quando il sole sferzava gli scogli della barriera frangiflutti che riparava la spiaggia dalle rivendicazioni rabbiose di un mare brutalizzato dalla mano incurante dell'uomo.  

 

Anche allora. Anche ora. 

La notte è un manto e non avvolge solo il cielo, la terra, gli alberi o i morti pronti per la sepoltura. 

 

La notte avvolge le anime. 

 

E la mia non ha mai fatto nulla per gettare via il suo sudario oscuro. 

 

Bevo. Bé, un po' ho sempre bevuto. Anche quando avevo compagnia. Amici. Quando si andava in giro a zonzo, si rideva, si scherzava o si dava del serio ad una accozzaglia di illusioni franose come costoni sabbiosi sotto una pioggia torrenziale.

 

Anche allora. Anche ora. 

La bottiglia non è un recipiente che contiene solo alcol, acqua, succhi di frutta o urina per le analisi. 

 

La bottiglia contiene le anime. 

 

E la mia non ha mai fatto nulla per trovare l'uscita dal suo labirinto di specchi.

 

Sono in strada. Bé un po' in strada lo sono sempre stato. Anche quando avevo una casa. Una famiglia. Quando c'erano le feste, i cenoni e si cantava, sotto un tetto vestito d'occasione, illuminato da sorrisi dubbi.

 

Anche allora. Anche ora. 

La strada non corre solo per le auto, per le merci che viaggiano da un capo all'altro del paese o per gli animali che vanno al macello.

 

La strada corre per le anime.

 

E la mia non ha mai fatto nulla per odiare la solitudine dell'asfalto. 

 

L’ha amata di un amore egoistico e ossessivo. Possessivo. Fino al limite. Fino a trasformarla in estate, amici, casa, famiglia. 

 

Vita.

 

 

 

La voce dell'Universo

 

Le lacrime rosse,

le lacrime vere,

caddero sulla lapide

del sognatore 

che credette

di vedere le stelle 

nelle laterne sul lago

fra reti e pescato

fra notte e follia 

in un sogno velato

celato, lontano 

come le onde 

ascoltate nello spazio

in apparenza senza senso

ma voce dell’universo. 

 

 

 

Nessy

 

In un vizio latente trascinato  

vita dopo vita 

trovò Nessy in un lago di pensieri

rinchiusa nel luna-park dei pazzi, 

legati come cani 

al guinzaglio di diseredati.

 

Guardava la rugiada vellutata 

inondare le catacombe 

dei venditori di profumi 

mentre stormi di uccelli 

volteggiavano nel cielo 

macchiato di sangue.

 

La luce flebile dei pianeti si disperse 

nel chiarore delle stelle.

Fulmini le colpirono

caddero, bruciarono, 

come una pioggia di fiaccole roventi 

divorarono la terra. 

 

Il vento spazzò via la rugiada 

ululando come un lupo affamato.

Il cielo si zittì.

Arrivò la notte.

Nessy svanì.

E fu notte.

 

 

 

Gli occhi di Venere

 

Dipingevo sogni su una tela di birra 

guardando il volto di Venere alla parete digitale. 

Scrutando 

il mare nell'universo dei suoi occhi 

ho udito le onde carezzare l'arena

ho sentito il sale pizzicare la pelle

ho visto la luna spennellare d’argento il blu profondo.

Accecato

mi sono perso,

poi annegato,

infine svegliato.

E tu, Venere, tu eri lì

difronte a me

reale come 

il mare nell'universo dei tuoi occhi.

 

 

 

Aspettando la pioggia

 

Ovunque. Riconoscerei la nuvola d'orata che portò 

la pioggia nel prato coperto da steli e capelli, 

cullati da una brezza salata.

 

Arrivò inattesa, come un temporale tropicale.

Piovvero gocce lucenti, 

come raggi di sole sulla cresta delle onde.

 

Una tempesta di diamanti immaginari 

che riempirono le notti dell'etere di rose e silenzi. 

Passioni e paure. 

 

Sotto una tovaglia bianca d'orizzonte,

cerco la nuvola d'oro.

Aspetto la pioggia. 

 

 

 

In un vuoto di memoria

 

In un vuoto di memoria 

ho trovato me stesso 

 

guardando in uno specchio sconosciuto:

un volto dimenticato

un nome mai imparato 

una cicatrice non notata

un dolore non provato

uno schiaffo non sferrato

 

la pistola che non ho comprato.

 

In un vuoto di memoria 

ho trovato me stesso 

 

accostando con un gesto involontario:

il bicchiere alla bottiglia

le labbra ad un amore

il sospiro alla passione

il sonno al torpore

il sorriso al dolore

 

la pistola al cuore. 

 

In un vuoto di memoria

ho trovato me stesso.

 

Ho sparato. 

 

 

 

Fantasmi e pistole

 

Spara!

Ai fantasmi affamati

che vivono nel limbo

del Samsara 

in un circo temporale. 

 

Spara!

Fra quei morti che camminano 

e quelli che non respirano

ossessionati da quanto non trovato 

quando le mani luccicavano di ori e amori. 

 

Spara!

A quei fantasmi che t'amavano

trasformando il sangue in assenzio

versando lacrime d’incenso,

bruciando fiamme di non senso.

 

Spara!

Ai fantasmi che non t'hanno aspettato

quando le luci ti coprivano di buio

e seminavano dolore 

parlandoti d’amore.

 

Spara!

Ai loro visi che ora offrono sorrisi

a padroni travestiti 

da regine della notte

accettando banconote di parole. 

 

Spara!

Ai fantasmi: 

a lei, a te, a me. 

Spara... Spara...

 

 

 

Hyde Park

 

Camminavo nel parco

ascoltando le storie del vento

che cantava fra alberi indifferenti

guardando lo zampillo della fontana 

sputare contro passanti e turisti.

 

Ho visto un maestro d'orchestra dirigere clacson nervosi 

in un incrocio del centro mentre nuvole di fumo avvolgevano la strada. 

 

Ho visto il cavallo bianco saltare sulla scacchiera, 

mangiare la sua regina e volare via abbracciato all’alfiere nemico.

 

Ho visto il Minotauro correre verso il campanile 

di Saint Mary e ferirsi tirando testate ai cancelli di ferro 

della chiesa.

 

Ho visto un alcolizzato scolare la bottiglia e alzarsi 

per porgere un fiore alla donna ferita che trascinava 

sui tacchi la sua disperazione.

 

Ho visto le lacrime argentate di un bruco, costretto 

fra la tela e il buio, dimenarsi disperato per non diventare farfalla.

 

Ho visto... 

No. 

Mi sono voltato,

ti ho cercata, tu non c'eri. 

Me ne sono andato.

 

 

 

Nuotando nell'abisso

 

Ha detto ciao

ha fatto il passo

lo so, l'ho visto,

l'ho incontrato,

mi ha parlato

ero solo

camminavo nelle strade di madonne carcerate, 

supplicanti  

attraverso le vetrine di negozi

chiusi per la sera 

illuminati con ceri, 

come i cimiteri dimenticati

dove c'è più birra che preghiera

dove gli spettri volteggiano

come ubriachi su una nave

in un mare in tempesta

con la testa alla barista sorridente

che versa desiderio,

distilla gelosia, 

svuota la bottiglia.

Lì fra infusi di rugiada

cadono petali dilaniati

da lacrime taglienti,

da parole sofferenti 

tenebrose

come il mare nella notte 

dove la mente soffre.

Lì è andato, 

ha nuotato, 

e dall'abisso è tornato.

 

 

Supernova

 

Una luce danza nello spazio:

i tuoi occhi,

il tuo viso

nel sangue 

di una stella 

lontana come un sole.

 

Un'ombra nella bandiera:

sventola solitaria 

sul vulcano lunare

che brucia isolato

sotto nuvole di fumo.

Niente pioggia.

 

Io, tu, i fantasmi,

anime perse di pirati, 

fiamme guizzanti 

il ghiaccio congela lo spazio,

una cometa sputa su un pianeta

fuoco nel lago nero

 

Guarda, guarda, guarda

È buio 

Corri, corri, corri

È caldo

Urla, urla,urla 

È esploso 

 

È un sogno

come una vita

sulla strada dei pazzi

in un campo di matti

fissando incantati  

l'ultima Supernova. 

 

 

 

 

La solitudine del bicchiere

 

Sul tavolo di marmo

quando l'ultima goccia evaporò,

il bicchiere restò solo

finto

arido

freddo

opaco.

 

Nell'ombra 

di desideri incapaci di volare, 

di pensieri ipotetici morti di parto,

sprofondati nell'ambra,

rinchiusi nella bottiglia

rimasta a metà

sul bancone del bar.

 

 

Il silenzio del vento

 

In silenzio,

il vento soffia

fra la folla.

Ancora

 

fra una cupola di rumori

in un vuoto riempito di voci

che si mischiano in toni

in lingue

in risate sguaiate

in lacrime sopite

in birra e alcol 

 

in riflessi di felicità spontanea 

come una bottiglia appena aperta 

in ricordi lontani, 

come una bottiglia mai finita

in parole conosciute

come una bottiglia già bevuta 

in dolore profondo

come un bicchiere che si riempie.

 

In silenzio,

il vento soffia

fra la folla.

Sempre.

 

 

 

L'ultima rosa

 

Una rosa cadde nel bicchiere

 

galleggiò mischiandosi col ghiaccio

serfò cavalcando il rum

si adagiò confondendosi nei miei pensieri.

 

E la tua forma apparì come un disegno

astratto 

come il volo di un uccello 

inconsistente 

come un messaggio nel cielo

fumoso. 

 

Poi il rum svanì  

come la rosa 

che non ti ho mai regalato 

ma ho sempre portato 

come un anello. 

 

Una rosa cadde nel bicchiere

 

macerò nel ghiaccio

appassì nel rum

affogò nelle illusioni. 

 

 

 

Riflessi nella notte

 

Poi una sera ti incontrai 

nel riflesso delle case,

sfrecciavano veloci

colorando il finestrino del bus.

 

Vidi il tuo sorriso 

nella caligine dei fari, 

lucenti 

nelle lacrime di pioggia 

sul vetro velato di smog. 

 

Sfiorai le tue labbra 

nell'umidità dell'aria

salata

che appannava lo sguardo

mentre il freddo copriva il silenzio. 

 

Sentii il tuo ansimo di piacere 

nello scricchiolio dei sedili 

sollecitato 

da frenate irresponsabili 

di un autista distratto. 

 

Assaporai il tuo profumo 

in un mare di odori e sudori

vellutato 

nella tua pelle macchiata di voglie

come i seggiolini imperfetti.  

 

Ti assaporai, 

ti sentii, 

ti sfiorai, 

ti vidi...

andar via. 

​

Con un tocco distratto 

svanisti alla fermata,

indifferente,

come le luci 

della città di primo mattino.

 

 

Lanterne rosse

 

Lanterne rosse danzano nel silenzio. 

Soffia il vento 

si posa la tramontana,

un gabbiano s'alza in volo,

un’immagine opalescente, la tua. 

Un sorriso, poi uno sguardo.

Il desiderio.

Ancora il silenzio.

Il vento,

una tempesta di sabbia.

Il gabbiano scompare

fra nuvole rade.

La mia anima è lì

fra i granelli.

Sabbia nella sabbia

impalpabile.

Lanterne rosse danzano

nel silenzio. 

Soffia il vento 

si dissolve l’illusione.

 

 

 

Eclissi

​

Era notte e c'erano le nuvole. 

Lui aspettò. In silenzio, aspettò.

 

Timide le stelle aprirono il manto oscuro. 

Lui camminò. Lento, camminò.

 

Arrivò la luna, luminosa fra le palpebre della notte. 

Lui corse. Veloce, corse.

 

Piombò l'eclissi. Il buio. 

Lui cadde. Improvvisamente, cadde.

 

La notte passò e il sole si rialzò. 

Lui era morto. Nell'eclissi, era morto. 

 

 

Ricordo di un gabbiano

 

Ti ho amato, 

così intensamente 

da crederti,

così profondamente

da vederti,

così pazzamente

da sentirti, 

così stupidamente

da seguirti

nel battito d'ali di un gabbiano

nel suo stridulo stonato

nel suo planare fuorilegge

incurante della gente

del mare in tempesta

del sole 

a cui hai chiuso la finestra.

 

 

Il cielo su di noi

 

Guarda il cielo stanotte,

che note!

Guarda le stelle,

brillano serene

splendono su di noi.

Ridono di me

ridono di te

ridono di noi.

Lo so, Lo sai.

 

In questa notte che prende,

che unisce 

e poi svanisce

vorrei chiederti 

perché il mio tempo

è volato via nel vento

Tu non risponderesti

e forse non lo sapresti.

Lo so, lo sai.

 

Ti aspetterò,

tu non verrai

mi cancellerai, 

ma ricorderai.

Forse riderai,

di me

di te

di noi.

Lo so, lo sai.

 

Guarda il cielo stanotte,

che notte!

Io lo accarezzerò,

lo bacerò. 

Tu muta guarderai,

mi vorrai, 

poi rinuncerai

e te ne andrai.

Lo so, lo sai.

 

Eppure io ti cercherò

ancora

perché il tuo sguardo

è di stelle un manto 

e brucia nel mio cuore

che non vede più il sole 

e lento muore —

il tuo bagliore

è la fiamma del suo dolore.

 

 

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